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Negli anni 70 a Roma vi sono varie bande di criminali che hanno l’unico intento di fare denaro. Dalla loro alleanza nasce la Banda della Magliana. Il primo settore in cui si fanno strada è quello dei sequestri di persona. Il primo caso passato alla storia è il rapimento del duca Massimiliano Grazioli Lante della Rovere del 7 novembre 1977. Poco prima però era già avvenuto un sequestro di persona, quello di Roberto Giansanti, famoso orafo e gioielliere romano  la cui famiglia discende da Giovanni Santi, padre di Raffaello Sanzio. 

La bottega orafa viene aperta negli anni ’30 da Egidio Giansanti in via del Governo Vecchio e si sposta negli anni ’50 in via Livorno 21/23.

E’ la sera del 16 maggio 1977, Roberto Giansanti torna a casa dopo una giornata di lavoro. Parcheggia l’auto nel suo garage in via Adolfo Albertazzi 92, a Talenti, sotto la sua abitazione; tre uomini con il passamontagna in testa e armati lo tramortiscono a colpi di spranga e con i calci delle pistole e lo caricano in macchina facendolo sdraiare sul sedile posteriore, con la testa sulle ginocchia. Verificata l’identità tramite la patente che ha in tasca lo narcotizzano e gli spruzzano dello spray orticante.  Dopo circa un’ora il gioielliere si trova in uno scantinato freddo e umido legato con una cintura alle caviglie; per non fargli sentire le loro conversazioni gli mettono della cera calda nelle orecchie. In seguito Giansanti dirà che riusciva comunque a sentire qualcosa, sbattendo la testa contro il muro, perché la cera seccata si assottiglia. Sente la voce di almeno sei carcerieri e sente anche il rumore di treni e di aerei che volano bassi. Tuttavia nessuno troverà mai questo luogo dove è stato trattenuto, per 53 giorni.

Cominciano le trattative con la famiglia tramite lettere scritte con una macchina da scrivere giocattolo e telefonate. Il primo messaggio mandato alla famiglia è un manoscritto di Giansante in cui scrive di collaborare per avere salva la vita. La richiesta iniziale è di cinque miliardi di lire; dopo pochi giorni Giansante viene colpito da una congiuntivite forse a causa dello spray utilizzato contro di lui e interviene un medico della banda. La banda viene a sapere che è anche malato di cuore e che Giansante si sarebbe dovuto operare al cuore il 30 maggio negli Stati Uniti; per questo un sequestratore lo umilia dicendogli che è un cadavere d’uomo e per di più malato di cuore.

Tra i sequestratori il gioielliere riconosce Franco Giuseppucci, detto Er Negro per il suo colorito scuro, che si aggirava già giorni prima del sequestro nei pressi del negozio di via Livorno, guardando dentro; se lo ricorda perché Er Negro ha un inconfondibile occhio di vetro. Anni dopo verrà confermato da un pentito che proprio lui era il complice che dava informazioni per il sequestro. 

Finalmente la famiglia e i sequestratori si accordano per il rilascio tramite la consegna di 350 milioni e un anello della madre avente un rubino di otto carati; la consegna avviene in una stradina isolata sotto un ponte della Prenestina.

Ancora oggi per la maggior parte di quei sequestratori non c’è mai stato processo o condanna.

 

Video: https://www.facebook.com/watch/?v=10159527904035523

Altri link interessanti: 

http://www.romauno.tv/news/il-sequestro-giansanti-storia-di-un-crimine-vero

https://archivio.unita.news/assets/main/1977/05/17/page_011.pdf

 

 

 

 

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